We should fear God (Matthew 10:28) 
We should love God (Matthew 22:37) 
There is no fear in love (1 John 4:18) 

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Nel luglio del 43 il cielo sopra Napoli era un campo
di croci con le ali, che altissime passavano e sganciavano
 … a terra senza allarme … in mezzo alla città.
Sono più avvelenate di terrore le bombe a mezzogiorno.
Di notte è già normale correre al rifugio, dentro il buio
a ripararsi, ma di giorno è peggio. 

“Quanno fernesce? Mai?”

… sono vivo e sono tornato. (rispondendo) Dove sono stato? Non bastano gli anni per raccontare tutto chello che aggio visto, tutto chello ch’aggio passato. …(mostra gli occhi) … Sta qua, … dentro agli occhi… ncapo… (sorridendo bonario) … dove sono stato? (sincero) Non lo so … Non lo so dire…
… Tornavo da Frattamaggiore dove ero andato a prendere diece chile ’e mele e quattro chile ’e pane… Quattordici chilometri con quatturdice chile ncopp’ ’e spalle… … (come per concludere) Basta! se spargette la voce che ci doveva essere il bombardamento dal mare… «Fuìte! ’O ricovero» «Scappate!» «Bumbardano dal mare! «Iatevenne ’o ricovero». … E come ci andavo al ricovero? (come sfida ad eventi imponderabili) Bombardate ’a do’ vulite vuie… Io arrivo a casa! E continuai a camminare…sempe ch’ ’e quattordice chile ncopp’ ’e spalle… E chi li lasciava… P’’a strada se sparava da tutte le parti… Ma ch’era l’inferno? … Gente che scappava… Le mitragliatrici… ’E tedesche… ’E muorte nterra… qualcuno mi spinse… E cadette io, ’o pane e ’e mele! Sbattette cu ’a capa nterra, mi si aprì tutto qua… (mostra la base del cranio)…, perdette i sensi… (considerando la gravità del danno) Chi sa quelle mele chi se l’è mangiate… (pausa). Quando poi incominciai a capire, me sentevo strano, offuscato, e sentivo urla, voce ’e gente ca alluccava… (la nuova sensazione annulla la precedente) ….Un rumore di treno … Poi nu silenzio… Dove stavo? E chi ’o ssape! Me medicarono la ferita dentro un’infermeria da campo e nu sergente tedesco vulette sape’ ’a me io che mestiere sapevo fare… Io penzai: «Ccà mo’ si dico ca faccio ’o tranviere, chisto dice… (cercando di rifare il piglio del sergente di cui parla) «Qua tranvi non ce ne sono… Voi siete inutile…» (fa il gesto di sparare col mitra imbracciato) Paraparapà… E ti saluto…» … Riflettei nu poco e dicetti: «Faccio il manovale… Alzo le pietre…» (grave, come per far comprendere ai familiari a quali snervanti e dure fatiche fu sottoposto) E n’aggio aizàte di pietre, … Senza magna’, senza bere.. … Po’ me ne scappai nzieme a ciert’ati napulitane… …. di notte, paese per paese… (arresta il suo discorso poi, come parlando a se stesso, rievoca, gli occhi fissi nel vuoto) O ncopp’ ’a na carretta… O ncopp’ ’a nu staffone ’e treno… O a piedi… Aggio cammenato cchiù io… Che sacrilegio, … Paesi distrutti, creature sperze, fucilazione… E quanta muorte… ’E lloro e ’e nuoste…E quante n’aggio viste… (atterrito dalla visione che gli ritorna alla memoria più viva con tutti i suoi particolari) ’E muorte so’ tutte eguale… (pausa. Con tono sempre più commosso, come per rivelare la sua nuova natura) … E io sono tornato sì, ma sono tornato ’e n’ata manera, … La guerra è una cosa che non possiamo capire, noi… Io tengo cinquantadue anni, ma sulamente mo’ me sento uomo veramente. La guerra se torna buone… Ca nun se vo’ fa’ male a nisciuno… Non facciamo male, … Nun facimmo male…  

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Mangio a morsi una poesia,
stacco un petalo d’amore in balia della stregoneria

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sviluppando un insensato amore per le sententie:

che due palle.

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oggi paura del silenzio.

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arriverà, vero?
Il momento in cui dirò: ecco, sono sulla strada che volevo percorrere. Ecco, ora posso arrivare a fare ciò che voglio.
Non importa se poi lo raggiungo davvero, "ciò che voglio". L'importante è avere la possibilità di provarci.
La maturità. No, non quella che non arriva mai sconfitta da una moltitudine di originali peter pan. Quella molto più infima e burocratica che ti costringe a sparare nozioni a raffica davanti a una commissione. E chi si ferma è perduto.
E dopo?
Quell'esame non è solo un esame. A me, sembra una porta. Il problema è cosa c'è dopo.
A volte neanche so cosa vorrei che ci fosse.
Vorrei questo, quello. E non ci si accorge che il quello esclude questo. Che se fallisci con questo, quello non lo avrai mai. 
La resa dei conti: i sogni che hai, dei quali hai sorriso, nei quali hai sperato, sopravviveranno al contatto con la realtà? Con i soldi, gli stronzi, i raccomandati, le puttane, i coglioni, ancora i soldi, il mondo.
E tu lo dici, che ce la metterai tutta. E ci credi anche.
Però la paura c'è. La paura di trovarti di nuovo nella gabbia che ti ha tenuta stretta fino all'apertura di quella porta.
"Esci dalle superiori, cambia tutto."
Vero?
E se non fosse così? E se tra un anno esatto stessi facendo le stesse identiche cose, solo con nomi diversi, se abitassi nello stesso posto, se vedessi la stessa gente, se pensassi le stesse parole, se uscendo per strada andassi negli stessi posti.
Il grande fallimento. La grande paura.
Sperando, combattendo perchè il vento del cambiamento passi anche di qua. Possibilmente sotto forma di burrasca, tempesta, catastrofe, cambiamento radicale.

A un passo dal nuovo futuro. A un passo da un terribile presente ripetuto.

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Sull'Atlantico un minimo barometrico avanzava in direzione orientale incontro a un massimo incombente sulla Russia, e non mostrava per il momento alcuna tendenza a schivarlo spostandosi verso nord. Le isoterme e le isòtere si comportavano a dovere. La temperatura dell'aria era in rapporto normale con la temperatura media annua, con la temperatura del mese più caldo come con quella del mese più freddo, e con l'oscillazione mensile aperiodica. Il sorgere e il tramontare del sole e della luna, le fasi della luna, di Venere, dell'anello di Saturno e molti altri importanti fenomeni si succedevano conforme alle previsioni degli annuari astronomici. Il vapore acqueo nell'aria aveva la tensione massima, e l'umidità atmosferica era scarsa. Insomma, con una frase che quantunque un po' antiquata riassume benissimo i fatti: era una bella giornata d'agosto dell'anno 1913.

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AAA cercasi demone danzante, prima esperienza, tramonto offresi.

Hai mai danzato col diavolo nel pallido plenilunio?

Ha la mano fredda e le dita sono adunche. Lo guardi, non vedi il viso ma lo riconosci in ciò che hai sempre temuto e voluto, tentazione e repulsione. Non parla ma le parole mormorate ti stringono la mente. Danza, danza con lui. 
è un invito e chissà perchè non è il rosso fiamma a venirti in mente ma il verde pallido di foglia morente. Chissà qual è la musica del Maestro..è sacra, cori angelici, organi, tutto in maggiore, batti la bacchetta sul leggio, quattro quarti signori. Niente di più innocente.
Perchè nell'innocenza si annida. Come potrebbe essere diabolico se fosse diversamente?
Forse lui se lo aspetta..
Seguilo perchè chi ha deciso cos'è male ha peccato egli stesso di presunzione. Seguilo perchè tu decidi ed è quel tocco da pianista ormai freddo che cerchi.
Margherita qui danza. Margherita qui sboccia.
La nascita e la crescita in seno del Diavolo. A sentire gli intellettuali benpensanti, quasi un ossimoro. Dio (touchè), quanto amo gli ossimori.
Il tramonto, il confine, l'uomo attratto dalla linea che determina un limite. La fine del giorno (l'inizio della notte?). Quale pista migliore per un valzer in quattro quarti?
Ti porta in terra desiderata, Margherita. Il Maestro ti accompagna nell'esplorazione non del finito ma di ciò che fa finire. E sempre, sempre, fa iniziare ciò che c'è al di là.
Perdendoci in questo gioco di parole. Inizio confine fine confine inizio. E se l'inizio fosse stata la fine?
Scorgetele, ve ne prego, le due ombre timidamente e appassionatamente abbracciate. Una si staglia sull'arancia ardente ormai caduta, è magra ed elegante. Se strizzate gli occhi noterete che le dite lunghe e scheletriche serrano con forza senza fare male. Ma pretendendo.
L'altra è bassa, boccoli d'oro vestito azzurro. Qualcuno deve aver parlato di lei in qualche favola. In ogni favola, solo che spesso la si cambiava di abito e di nome.
In questo particolare racconto si chiama Margherita, che altro non è che un indegno omaggio ad un'alunna del Maestro forgiata da mente esimia.
Danza nel pallido rosso fuoco, arancione arancia, verde morente plenilunio. Che è fine è inizio è confine è terra di nessuno.





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Alibi che attenuano l’oscenità 
Riflessa intorno alle bottiglie vuote 
Dai suoi vent’anni opachi e rispettabili: 
Così si sa che c’è qualcosa che non va.

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si parte
against the cosanostra (accento americano plis).

Esaltazione livello 1000.
poi chissà, magari rimango lì.
Magari..

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doveva andare così?
ecco, è quel punto di domanda ad essere distruttivo, a decidere tra la nausea e l'indifferenza.
Se sei determinata, la passi e lo sai. E la passi bene.
Ma se ammetti anche per un solo secondo che forse, e dico forse, haisbagliatoceraunapossibilitànondovevaandarecosì

pausa

e invece no.
millenni di letteratura lo testimoniano, note su note su versi su parole di canzoni lo riportano.
L'amore(?)finisce e la gente sta male.
A me, visti i motivi, sembra una perdita di tempo.
Ricetta: accettare la notte che verrà, le lacrime necessarie per lavare via tutto ma sempre, sempre, concedere al dolore il minimo indispensabile. Non sprecare tempo, non crogiolarsi.

Tutto questo qualcosa vorrà dire..
no?

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De la musique encore et toujours!
Que ton vers soit la chose envolée
Qu'on sent qui fuit d'une âme en allée
Vers d'autres cieux à d'autres amours.

il tuo verso sia l'avventura buona
sparsa al vento increspato del mattino
che va sfiorando la menta e il timo...
e tutto il resto è letteratura.

Je m'en allais, les poings dans mes poches crevées;
Mon paletot soudain devenait idéal;
J'allais sous le ciel, Muse, et j'étais ton féal;
Oh! là là! que d'amours splendides j'ai rêvées!

Nei miei unici calzoni avevo un largo squarcio.
- Pollicino sognatore, in corsa sgranavo
rime. Il mio castello era l'Orsa Maggiore.
- Le mie stelle in cielo facevano un dolce fru-fru.

Envirez-vous
Il faut être toujours ivre. Tout est là: c'est l'unique question.  Per non sentire l'orribile fardello del Tempo che rompe le vostre spalle e vi inclina verso la terra, bisogna che vi ubriachiate senza tregua. 

Ma di che? Di vino, di poesia o di virtù, a piacer vostro, ma ubriacatevi. 

E se qualche volta, sui gradini d'un palazzo, sull'erba verde d'un fossato, nella mesta solitudine della vostra camera vi risvegliate con l'ubriachezza già diminuita o scomparsa, domandate al vento, all'onda, alla stella, all'uccello, all'orologio, a tutto ciò che fugge, a tutto ciò che geme, a tutto ciò che ruota, a tutto ciò che canta, a tutto ciò che parla, domandate che ora è; et le vent, la vague, l'étoile, l'oiseau, l'horloge, vous répondront: "Il est l'heure de s'enivrer! Pour n'être pas les esclaves martyrisés du Temps, enivrez-vous; enivrez-vous sans cesse! Di vino, di poesia o di virtù, a piacer vostro."



Paul, Arthur, Charles. Moi, io mi inchino.

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di motivi ce ne sono tanti
di individuabile ce n'è forse uno.
Che, tra l'altro, a chi interessa?

Le cose più importanti sono le più difficili da dire. Sono quelle di cui ci si vergogna, poichè le parole le immiseriscono, le parole rimpiccioliscono cose che finchè erano nella vostra testa sembravano sconfinate, e le riducono a non più che a grandezza naturale quando vengono portate fuori. Le cose più importanti giacciono troppo vicine al punto dov'è sepolto il vostro cuore segreto. Come segnali lasciati per ritrovare un tesoro che i vostri nemici sarebbero felicissimi di portare via e potreste fare rivelazioni che vi costano per poi scoprire che la gente vi guarda strano, senza capire affatto quello che avete detto, senza capire perchè vi sembrava tanto importante da piangere quasi mentre lo dicevate. Quando il segreto rimane chiuso dentro non è per mancanza di uno che lo racconti ma per mancanza di un orecchio che sappia ascoltare. 


Grazie Stephen, il tuo contributo è, come sempre, apprezzabile.

Fattostà che ciò spiega il motivo per cui alla domanda cosa c'è che non va rispondo con una battuta e un lasciamo stare. E non importa chi me lo stia chiedendo.
Fattostà che ciò è il motivo per cui neanche a voi cari codici html, occhi invisibili anonimi persi tra la folla probabilmente inesistenti, racconto il perchè. I perchè.

Sono qua che scrivo e il perchè non c'è.
Ah. Rido di voi (di me, e lo sapete) con il mio calipso in mano.

Tra parentesi non so se l'ipotetico lettore ha la possibilità di guardare la luna ce soir, ma stasera fa paura. Vorrei non averlo notato solo io ecco. è una luna perfetta per un racconto di vampiri. Quelli di Bram, però. 
E mentre dedico un altro sguardo alla sfumatura rossa che ricopre il satellite fatto di formaggio (esiste un formaggio con la sfumatura rossa?) ripenso al motivo-ai motivi e dico.
Non lo so, mi sono persa.

Ah.
Quanto godo.

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è dedicata a te.
A te che non si sa chi sei e cosa fai, dipende dalla maschera che indossi. A te che ti piacciono i costumi strani, le stoffe assurde, e che ti piace che i tuoi figli chiudano tutto in una valigia malandata. A te che il sipario ti piace rosso, pesante, di velluto e con i riflessi d'oro. Che le assi le ami scricchiolanti sotto i passi. Che le voci si devono sentire là fino all'ultima fila.
A te che forsespero sarai il mio futuro. Che tutti pensano che finisci lì, sul confine tra palco e platea e no, non lo sanno ciò che c'è dietro. Ciò che c'è sotto. E l'orchestra e i camerini e i corridoi e la sartoria e gli uffici e quella stanza enorme che sta sotto le assi piena di corde di pesi di sacchi che chissà se ne muovi uno che succede, e le scenografie abbandonate oggi dove vuoi andare? c'è il reame e il mare e il castello e il sogno e. Da qualche parte qualcuno accorda, qualcuno canta, qualcuno urla, qualcuno scappa, qualcuno non vuole più andare via. 
A te che le tue dita sono le quinte. Cosa nascondono stavolta? l'assassino è lì, nella terza a sinistra. L'angelo è lì, nell'ultima a destra. E sarà la bambina ad uscire da quello spacco di cartone, proprio lì, di fronte al centro. Si scontreranno sotto un riflettore accecante. Si odieranno si uccideranno si ameranno si urleranno che non doveva andare così e poi, insieme, rideranno.
Un inchino, e spariranno.



A te Teatro, dedico la mia vita.
Brindisi, applauso, sipario.

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Sconcertante la scoperta di quanto sia silenzioso, il destino, quando, d'un tratto, esplode.

Che poi uno lo sa.
Non importa cosa, ma lo sa.
Lo sa che prima o poi succede, che prima o poi ritorna, che prima o poi finisce. A volte prima, a volte poi.
Nessuno ci crede
nessuno lo vuole sapere
ma
a volte mai.

Mi sono visto di spalle che partivo.

E augurandomi buon viaggio mi sono chiesta se avevo chiuso il gas.

E il gatto? Chi darà da mangiare al gatto?
Ma ho preso il biglietto? Ma è la strada giusta? Ma ho fatto benzina? Ma ho dimenticato la valigia? Ma ho saluto l'amore?
Ma dove diamine sto andando?
Non voglio più tornare.
Ti troverò alla fine del viaggio e lo inizieremo insieme.
Basta domande.

E se sei persa in qualche fredda terra straniera

BUMBUMBUMsono-le-bombe-fratello-dei-tuoi-amici-stranieri-che-scoppiano-BUM-che-uccidono-BUM-che-muoiono-BUM-
BUM-finiràanchequestomondodadistruggere-BUM

Questa era forte.

Te sta dentro che qua fuori è un brutto mondo

Non entra verò, papà? Hai chiuso la porta, amore? Hai tirato le tende comprato la carne in scatola acceso il televisore spento il cervello perso ogni speranza scelto l'indifferenza chiuso gli occhi aperto le mani presi i soldi tradito la storia un colpo di martello e ti sei addormentato, fratello?

..La stanza era piena di avventure..


Mi dicono dalla regia che ne sto iniziando una. Che sembra piccola e solamente mentale e sì certo concetti astratti e che poi a chi interessa e cosa vuol dire e che sono questi banali deliri e che diamine.
Ma mi piace chiamarla avventura. E per entitàcheforseesistiforseno, mi piace darle un inizio.
Un inizio un po' come questo.
(che forse inizio non è?)
(no. fermiamoci che qui diventa pesante e caspita, non è ciò che vogliamo. Nevvero punto di domanda, precisamente punto di risposta)

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